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Abitata fin dal periodo cheletico, l’Italia conobbe la civiltà del bronzo e quella del periodo hallstatiano (prima età archeologica del ferro), di cui sono stati trovati numerosi esemplari nella necropoli di Villa-Nova, presso Bologna, e nelle tombe di Terni, sotto forma di collane, orecchini, anelli, perle di vetro blu e ambra, ecc, poi quello che ha costruito i monumenti caratteristici dell’antica civiltà mediterranea, i cui detriti si possono trovare fino alla Sardegna (nuraghi) e alla Toscana.

A queste popolazioni più antiche si sovrappose una popolazione la cui origine e la cui lingua rimangono problematiche, ma che sembra aver posseduto un alto grado di imitazione artistica, e aver conosciuto e riprodotto le forme della civiltà fenicia e greca, quella degli Etruschi, e mostrò un grado di civiltà di cui le tombe di Cornetto ci hanno dato il segreto, e si mescolò con loro senza però imporre la sua lingua.

Dominava la maggior parte dell’Italia, organizzata in tre confederazioni di città, attraversando l’Etrurium mare con le sue navi, realizzando magnifiche opere di sbarramento, drenaggio, ecc., e sottomettendo successivamente le principali popolazioni della penisola: a nord i Liguri, ricacciati nelle valli degli Appennini, a sud i Volsci e i Rutuli, e al centro i Latini e gli Umbri. Tuttavia, i Veneti, intorno a Patavium (Padova), gli Osci, nel sud del Lazio, rimasero indipendenti, e le invasioni galliche, dopo una prima invasione degli Iberi, la cui traccia si ritrova ancora in tutta la costa mediterranea dell’Italia, in particolare sulla costa ligure e su quella siciliana, fondarono, nella valle del Po, la Gallia Cisalpina, mentre nel sud delle migrazioni elleniche costituirono la Magna Grecia.

La fondazione di Roma doveva portare alla caduta della potenza etrusca. Questa città completò la conquista della penisola intorno al 180 a.C., e da allora la storia dell’Italia si intrecciò con quella di Roma fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476. Fu un tedesco al servizio di Roma, Odoacre, che mise fine a questo impero, inaugurando così il cosiddetto Medioevo, in Italia, ma anche nel resto d’Europa.

L’Alto Medioevo italiano.

Poco dopo la deposizione di Romolo Augusto, l’ultimo imperatore romano d’Occidente, l’Italia fu invasa dagli Ostrogoti. Vi stabilirono un regno che durò dal 493 al 553. I Longobardi arrivarono nel 568, fondarono un regno nella parte settentrionale del paese, che è conosciuta come Lombardia, e crearono i ducati del Friuli, Spoleto e Benevento. L’Impero d’Oriente rimase in possesso dell’esarcato di Ravenna, della Pentapoli, del ducato di Roma e della maggior parte della parte meridionale della penisola. Ma la tirannia degli esarchi e gli attacchi della setta greca degli iconoclasti alle credenze cattoliche determinarono il ducato di Roma a porsi sotto l’autorità temporale del papa nel 730. Dopo aver preso l’esarcato e la Pentapoli nel 752, i Longobardi, che erano ariani, minacciarono Roma. Pipino il Breve, re di Francia, accorse in aiuto della Santa Sede, conquistò l’esarcato e la Pentapoli e li donò alla Chiesa romana nel 755.

Carlo Magno distrusse il regno dei Longobardi nel 774, e vi sostituì il regno d’Italia, che ebbe come re Pipino, figlio di Carlo Magno, 781-810; Bernardo figlio di Pipino, 812-818; Lotario I, imperatore, 820-844; Luigi II, imperatore, 844-875; Carlo II il Calvo, imperatore, 875- 877; Carlomanno-877-880; Carlo il Grasso, imperatore, 880-888; Berenger, imperatore, 885-889; Gui, duca di Spoleto e imperatore, 889-894; Lamberto, imperatore, 894-898; Berenger, imperatore, una seconda volta, 898-900; Luigi III, imperatore, 900-902; Berenger, una terza volta, 902-924; Rodolfo, re della Borgogna transgiuranica, 924-926; Ugo, re di Provenza, 926-945; Lothaire, figlio di Ugo, 945-950; Berenger II, nipote dell’imperatore Berenger attraverso sua madre, con suo figlio Adalbert, 950-961. Ottone il Grande, re di Germania, depose padre e figlio e si fece incoronare re d’Italia a Milano nel 961. Fu incoronato imperatore nel 962 e il regno d’Italia fu così unito all’impero di Germania. Il pensiero di sottomettere tutta l’Italia al dominio tedesco divenne la pretesa costante dei governanti della Germania. Il Papato, che era il custode dell’indipendenza italiana, riuscì solo dopo una lunga lotta a sconfiggere questa pretesa.

Tiranneggiati dalla turbolenza faziosa della nobiltà romana, che riesumava le idee repubblicane per sfruttarle a proprio profitto, i papi non erano in grado di esercitare alcuna azione sul movimento di resistenza nazionale agli imperatori della casa di Sassonia. Quelli della casa di Franconia hanno liberato la Santa Sede da questa oppressione solo per metterla sotto la loro dipendenza. Enrico III si assunse il diritto di sottoporre l’elezione dei papi al consenso imperiale. Ma un nuovo stato, che alcuni cavalieri normanni, arrivati in Puglia nel 1010, fondarono sugli ultimi resti del potere dei Longobardi e dell’Impero d’Oriente nell’Italia meridionale e in Sicilia, fu costituito il regno delle Due Sicilie, come feudo della Santa Sede, nel 1130. Uno dei fondatori di questo stato, Roberto il Guiscardo, fu, contro gli attacchi dell’imperatore Enrico IV, l’appoggio di San Gregorio VII, che lavorò efficacemente per liberare la Chiesa dalle usurpazioni del potere temporale, e per mettere il Papato a capo del movimento sociale in Italia e in tutta la cristianità.

Guelfi e Ghibellini.

Lo Stato Pontificio fu accresciuto nel 1053 dal ducato di Benevento, e due donazioni fatte nel 1077 e nel 1102 dalla contessa Matilde, sovrana di Toscana, vi aggiunsero la maggior parte di quello che è stato chiamato il Patrimonio di San Pietro. Le città dell’Italia settentrionale e centrale erano diventate repubbliche indipendenti quando la casa di Hoheustaufen, che era salita al trono imperiale nel 1138, si propose di imporre il suo giogo su tutta l’Italia. Queste repubbliche erano divise tra i sostenitori della dominazione straniera, chiamati ghibellini, e i difensori dell’indipendenza nazionale, chiamati guelfi (guelfi e ghibellini). La guerra civile tra le due parti mise a ferro e fuoco l’Italia dalla metà del XII alla fine del XIII secolo, e durò fino alla fine del XV. Il Papato ha sostenuto il partito guelfo con la sua grande influenza. Né la barbara distruzione di Milano da parte dell’imperatore Federico I nel 1158, né il possesso del regno delle Due Sicilie, che l’imperatore Enrico VI, che ne aveva sposato l’ereditiera, acquisì nel 1194, né gli sforzi di Federico II per raggiungere l’obiettivo dell’ambiziosa politica della sua famiglia, poterono trionfare sulla resistenza italiana.

La vittoria rimase, nel 1266, alla causa nazionale e al papato contro la casa di Hohenstaufen. La casa francese d’Angiò fu allora chiamata dalla Santa Sede a governare il regno delle Due Sicilie, che fu diviso, nel 1282, in due regni, posseduti da due case rivali, quello di Napoli dalla casa d’Angiò, e quello di Sicilia dalla casa d’Aragona. Carlo VIII e Luigi XII, re di Francia, disputarono invano, il primo nel 1495, il secondo nel 1501, il regno di Napoli alla casa d’Aragona. I due regni furono uniti nel 1503 alla monarchia spagnola, che li mantenne, sotto la casa di Borbone, fino al 1713, quando il regno di Napoli passò alla casa d’Asburgo-Austria. Il regno delle Due Sicilie divenne nuovamente indipendente nel 1736 sotto lo scettro di Carlo IV, figlio di Filippo V, re di Spagna. I disordini che turbarono Roma, così come tutta l’Italia all’inizio del XIV secolo, portarono Clemente V, eletto papa nel 1305, a trasferire la residenza della Santa Sede ad Avignone nel 1309.

Dal Rinascimento alla fine del XVIII secolo.
Lo stato pontificio e l’intera penisola soffrirono notevolmente della lunga assenza della Santa Sede, che fu ristabilita a Roma solo nel 1377. Il Grande Scisma d’Occidente, 1378-1417, non permise di ricostituire completamente lo Stato Pontificio fino al XVI secolo. Bologna fu unita ad essa nel 1513, e il Ducato di Urbino nel 1636. In Toscana, Pisa, dopo essere stata una repubblica rivale di Genova e Venezia, cedette nel 1509 alla superiorità di Firenze, e Cosimo I de Medici divenne nel 1569 il primo granduca di Toscana. La casa dei Lorena succedette a quella dei Medici in questo stato nel 1737. La repubblica di Venezia terminò nel 1581 una lotta di 130 anni con quella di Genova, e fu una ricca e grande potenza marittima fino all’inizio del XVIII secolo, quando i turchi completarono la spogliazione dei suoi più importanti possedimenti nel Mediterraneo. La repubblica di Genova, che uscì trionfalmente nel 1290 da una guerra con Pisa, se la cavò meno bene nel 1381 nella sua lotta con Venezia per la preponderanza in Oriente, dove i turchi consumarono poi la rovina della sua influenza.

Inoltre, i dissensi interni erano un ostacolo continuo alla creazione di un governo stabile. Milano, eretta in ducato nel 1395, passò nel 1447 dai Visconti agli Sforza, ai quali Luigi XII, re di Francia, nipote di Valentino Visconti, ne disputò il possesso senza poterne mantenere il controllo. Carlo V la unì all’Impero nel 1535, e la diede a suo figlio Filippo, poi re di Spagna. Ma l’imperatore Giuseppe I la riprese da questo potere nel 1706. Il ducato di Parma e Piacenza, che papa Giulio II aveva acquisito dalla Santa Sede nel 1512, nella sua lotta per cacciare gli stranieri dall’Italia, fu eretto nel 1545 da Paolo III, e appartenne alla famiglia Farnese fino alla sua estinzione nel 1731. Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V, re di Spagna, lo ottenne per suo figlio Don Carlos, nonostante le proteste della Santa Sede. Fu ceduta all’Austria nel 1757 e restituita alla Casa di Borbone nel 1748.

L’era napoleonica.

Il Piemonte, posseduto dal XIII secolo da Casa Savoia, divenne il centro del Regno di Sardegna, fondato nel 1720 da Victor-Amédée II, duca di Savoia, che scambiò la Sicilia con la Sardegna con l’Austria. Milano, invasa nel 1796 dai francesi nelle guerre della loro rivoluzione, fu strappata all’Austria e divenne successivamente parte della Repubblica Transpadana, della Repubblica Cisalpina e della Repubblica Italiana. Nel 1805 divenne il nucleo del Regno d’Italia, fondato da Napoleone I. Siamo lontani dal idea di una Mastoplastica additiva, augmentation mammaire in Francese !Questo regno fu accresciuto, al trattato di Presburgo (oggi Bratislava, in Slovacchia), dai possedimenti veneziani che, conquistati anche dai francesi, erano stati ceduti all’Austria nel 1797, da una parte del territorio papale nel 1808, e dal Tirolo italiano nel 1810. Comprendeva quindi 24 dipartimenti. Il re di Sardegna perse, dal 1792 al 1798, tutti i suoi Stati continentali, che furono uniti alla Francia. Anche il duca di Parma e Piacenza fu ceduto alla Francia nel 1801, e il duca di Parma ricevette in cambio la Toscana, eretta in regno di Etrutria. Questo regno fu annesso all’impero francese nel 1808. Lucca, unita a Piombino, formò un principato nel 1805 che Napoleone I diede a sua sorella Elisa. Genova fu eretta in repubblica ligure nel 1797, e unita all’impero francese nel 1805.


Lo Stato Pontificio fu trasformato in una repubblica romana nel 1798, e ritornò alla Santa Sede nel 1800. Ma Napoleone I staccò Benevento e Ponte-Corvo nel 1806, e incorporò la marca di Ancona, il ducato di Urbino e tutto il territorio a est degli Appennini nel regno d’Italia nel 1808. Il resto dello Stato Pontificio fu unito all’Impero francese nel 1809. La Repubblica Partenopea, istituita a Napoli dai francesi nel 1799, ebbe solo una breve esistenza. Ma Napoleone mise suo fratello Giuseppe sul trono di Napoli nel 1806, che poi diede a suo cognato Gioacchino Murat nel 1808. Il re Ferdinando I, che si era rifugiato in Sicilia, regnò solo su quell’isola dal 1806 al 1815. Gli eventi del 1814 restituirono alla Santa Sede i suoi stati. Il regno di Sardegna fu aumentato dal paese di Genova. L’Austria tornò in possesso di Milano, che con Venezia formava il regno lombardo-veneto. La Toscana tornò al ramo della casa di Lorena-Asburgo a cui apparteneva, e il ramo di quella casa che era succeduto ai d’Este nel 1797 nel ducato di Modena fu reintegrato in quello stato. Il ducato di Parma e Piacenza fu dato all’arciduchessa Maria Luisa, che aveva sposato Napoleone. L’erede dei duchi di Parma della casa di Borbone ricevette il ducato di Lucca, ed entrò nel ducato di Parma alla morte di Maria Luisa nel 1847. Gioacchino Murat mantenne il regno di Napoli fino al 1815, quando fu restituito alla casa di Borbone. Ad eccezione della Savoia e di Roma, tutta la penisola era soggetta all’influenza austriaca.

Il tempo dell’unità.
Poi iniziarono le rivolte. Sotto l’influenza delle idee liberali provenienti dalla Francia, gli italiani lottano per l’indipendenza e l’unità. Movimenti scoppiarono in Piemonte e a Napoli, dove Ferdinando fu costretto a concedere una costituzione nel 1821. Gli insorti furono sconfitti a Novara e Rieti, e seguì una reazione sanguinosa. Non ha impedito nuove rivolte in Romagna, che hanno portato all’occupazione temporanea di Ancona da parte della Francia (1832-1838), e poi, sotto l’influenza della Giovane Italia, fondata da Mazzini, che aveva assorbito la maggior parte delle società segrete liberali, le insurrezioni di Rimini (1843) e della Calabria (1846). La rivoluzione francese del 1848 ha scosso l’Italia nel profondo. Pio IX dovette ritirarsi a Gaeta, e la repubblica fu proclamata a Roma nel febbraio 1849. Ma l’autorità pontificia vi fu ristabilita nel luglio seguente dalle armi della Francia. Il re Ferdinando II soppresse il movimento rivoluzionario a Napoli e in Sicilia, che si era dichiarata indipendente. Il regno lombardo-veneto, la cui insurrezione contro il dominio austriaco Carlo Alberto, re di Sardegna, aveva sostenuto nel 1848, fu rimesso sotto lo scettro di questa potenza, vittoriosa sull’esercito sardo a Novara nel 1849. Sconfitto, abdicò, lasciando suo figlio, Vittorio Emanuele I, a continuare l’opera. Questo principe, aiutato da Cavour e Garibaldi, ebbe successo. Riforme ben comprese diedero al Piemonte buone finanze e un buon esercito, che gli permisero, grazie al suo coraggio in Crimea, di sollevare la questione italiana al Congresso di Parigi.

La guerra scoppiata nel 1859 tra l’Austria e il Regno di Sardegna, sostenuto dall’imperatore francese, fu seguita da cambiamenti territoriali: la conquista della Lombardia (1859); l’annessione nel 1860 dell’Italia centrale, Napoli e la Sicilia, come risultato della Spedizione dei Mille, guidata da Garibaldi. Durante gli anni 1860 e 1861, l’ambiziosa politica della Sardegna continuò a mirare all’instaurazione del suo dominio in tutta l’Italia, sulle rovine delle varie nazionalità italiane, distinte per origine e morale, e al re Vittorio Emmanuele fu concesso il titolo di re d’Italia dal parlamento seduto a Torino nel 1861, mentre Roma e il Patrimonio di San Pietro rimanevano occupati dai francesi con il pretesto di proteggere la Santa Sede.

Le popolazioni delle province continentali del Re delle Due Sicilie opposero una forte resistenza agli invasori nel 1861, 1862 e 1865. Le annessioni con cui si cercava l’unità del nuovo Regno d’Italia non furono opera della maggioranza del popolo della Penisola, ma di società segrete e dell’ambizione sarda, e furono realizzate con defezioni pagate e tradimenti comprati, come fu ammesso alla Camera dei Deputati di Torino. Queste annessioni, nonostante la falsa apparenza del suffragio universale, suscitarono tutte le antipatie. Il governo di Torino fu costretto a ricorrere ai prestiti più onerosi per far fronte alle spese della guerra civile provocata dalla sua insaziabile cupidigia. Si impadronì della maggior parte dei conventi, perseguì con le sue persecuzioni il clero cattolico e imprigionò o esiliò i vescovi. Dopo aver usato Garibaldi, il braccio di questo partito, di cui Mazzini era il capo, per mettere le mani, nel 1860, sul regno delle Due Sicilie, la politica sarda fu costretta a ricorrere alla forza delle armi contro l’eroe rivoluzionario. Aveva attraversato la Sicilia in trionfo, quando, attraversando lo stretto, sbarcò in Calabria con 2500 uomini al grido di Roma o morte! Fermato nella sua marcia, Garibaldi fu ferito e fatto prigioniero ad Aspromonte, vicino a Reggio, nel 1862.

Il Veneto acquisito nel 1866, in seguito all’alleanza prussiana e nonostante le sconfitte di Custozza e Lissa. La guerra franco-tedesca e la caduta dell’impero francese (1870) accelerarono la soluzione tanto attesa: Roma fu annessa al regno, il che mise fine al potere temporale dei papi, e fu proclamata l’unità italiana. Dopo la morte di Vittorio Emanuele (1878), il suo successore, Umberto (Humbert) I, diresse la politica estera italiana verso l’alleanza austro-tedesca e governò costituzionalmente in patria. Tuttavia, i tentativi di colonizzare l’Africa orientale (Eritrea) portarono, sotto il governo di Francesco Crispi, a una sfortunata guerra con l’Abissinia che si concluse con il disastro di Adoua (1896). Dopo l’assassinio di Humbert I nel 1900, suo figlio Victor-Emmanuel llI gli succedette.

Dal 1900 al 1960.
La figura dominante durante la prima parte del regno di Vittorio Emanuele III fu Giovanni Giolitti, primo ministro dal 1903 al 1914. Sotto il suo governo furono realizzate riforme come la nazionalizzazione delle ferrovie, l’introduzione dell’assicurazione sociale e l’istituzione del suffragio universale maschile. Esternamente, l’Italia di Giolitti continuò la politica di Crispi di costruire un impero coloniale con l’annessione della Tripolitania, della Cirenaica e poi del Dodecaneso, che portò ad un conflitto con l’Impero Ottomano nel 1911 e 1912 (nel 1912, il trattato di Losanna, concedendo l’autonomia alla Libia, pose questo paese sotto il dominio italiano).

Quando scoppiò la prima guerra mondiale, l’Italia, in accordo con la posizione di Giolitti, cercò di rimanere neutrale. Ma questa neutralità fu combattuta da interventisti come Gabrielle d’Annunzio e Benito Mussolini, che alla fine vinse e trascinò l’Italia nel conflitto dalla parte degli Alleati dopo che questi ultimi avevano fatto promesse territoriali (23 maggio 1915). Alla fine della guerra, e nonostante diverse battute d’arresto sul campo di battaglia, l’Italia avrebbe effettivamente ottenuto, attraverso la sua scelta di alleanza, il Sud del Tirolo, Trieste, l’Istria, parte della Carniola e diverse isole della costa dalmata. Ma coloro che avevano spinto per l’entrata in guerra non erano soddisfatti. Un gruppo di nazionalisti guidati da d’Annunzio si impadronì di Fiume (1919), che divenne città libera l’anno successivo, mentre veniva organizzata la prima milizia fascista, su cui Mussolini avrebbe fatto affidamento per arrivare al potere.

La crisi politica è stata aggravata dalla crisi economica. Giolitti, tornato al potere tra maggio 1920 e giugno 1921, si trovò di fronte a un’inflazione e a una crisi finanziaria impossibili da controllare. Lo sciopero generale del 1920 a Milano e Torino fu l’occasione per i primi scontri tra socialisti e fascisti. Questi ultimi, che beneficiavano della simpatia degli industriali e dell’esercito, iniziarono a installare un regime di terrore (intimidazioni, ricatti, violenze, assassinii, ecc.). Formarono un partito politico (il Partito Nazionale Fascista) nel 1921. Nell’ottobre 1922, Mussolini marciò su Roma alla testa dei suoi sostenitori, le Camicie Nere, e ottenne la nomina a primo ministro. Il parlamento lo investì di pieni poteri dal 1924, consacrando la sua dittatura. Una repressione brutale si abbatté su tutti gli oppositori del fascismo: socialisti, comunisti, massoni, ecc. L’economia fu riorganizzata sotto forma di cooperative (Carta del Lavoro del 1927) controllate dal partito fascista, dal suo sindacato e dalla sua milizia.

Negli anni ’30, Mussolini sarebbe stato l’unico padrone dell’Italia e avrebbe cominciato ad assistere all’emergere, poi all’arrivo al potere in altri paesi europei di partiti simili al suo. Hitler e il partito nazionalsocialista (nazista) governarono la Germania dal 1933. La guerra di Spagna, iniziata nel 1936, gli diede l’opportunità di fornire assistenza militare alle truppe di Franco e quindi di contribuire all’avvento di un altro regime fascista dal 1939. Nel frattempo, l’Italia di Mussolini lanciò anche una guerra in Abissinia (1935), annessa nel 1936, e un’altra in Albania (1938), annessa nel 1939. L’Italia, impegnata in un accordo con Berlino dal 1936, sarebbe poi entrata naturalmente nella seconda guerra mondiale, a fianco della Germania, prima in Europa e in Africa, nel giugno 1940. La guerra con l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti fu dichiarata nel 1941.

Lo sbarco alleato in Sicilia indebolì il regime fascista a sufficienza perché il re Vittorio Emanuele III potesse destituire Mussolini, imprigionarlo e sciogliere il suo partito nel luglio 1943. A settembre, l’Italia si arrese incondizionatamente agli Alleati, ed entrò in guerra con loro contro la Germania. Mussolini, che riuscì a fuggire, formò uno stato fascista di breve durata nel nord Italia, la Repubblica di Salò. Fu catturato e fucilato dai combattenti della resistenza italiana nell’aprile 1945, e il suo cadavere fu esposto, appeso per i piedi, insieme a quello della sua amante Clara Petacci.

Un referendum tenutosi nel 1946 portò alla sostituzione della monarchia con una repubblica. Il re Humbert II, che era succeduto molto brevemente a suo padre Victor-Emmanuel III dopo la sua abdicazione, fu costretto all’esilio. L’anno seguente, l’Italia sconfitta fu costretta a cedere vari territori conquistati prima della guerra, il Dodecaneso tornò alla Grecia, l’Istria e alcune isole dalmate alla Jugoslavia. Anche la Libia, l’Eritrea e la Somalia italiana sono state perse. Nel 1948, fu adottata una nuova costituzione e le elezioni rivelarono tre partiti principali, il PCI (comunista), il PSI (socialista) e il partito della Democrazia Cristiana di centro-destra di Alcide De Gasperi (morto nel 1954), che, con una maggioranza, avrebbe dominato la politica interna per molto tempo. Negli anni Cinquanta la politica estera fu segnata dalla graduale integrazione del paese nelle istituzioni internazionali formatesi nel dopoguerra: nel 1949 l’Italia entrò nella NATO e nel 1951 nella CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio); nel 1955 divenne membro dell’ONU e nel 1957, con il Trattato di Roma, divenne uno dei sei membri fondatori della CEE (Comunità Economica Europea), antesignana dell’attuale Unione Europea.

Dal 1960.
Dall’istituzione della Repubblica, l’Italia ha quasi sempre vissuto una grande instabilità politica. I governi hanno dovuto convivere con il ritmo degli scossoni subiti dalle correnti interne alla stessa Democrazia Cristiana (CD), o le sue alleanze con partiti di destra (monarchici) e di estrema destra, come il MSI (Movimento Sociale Italiano, neofascista), hanno portato rapidamente alla ricerca di un avvicinamento con un centro-sinistra in via di costituzione, a partire dalla fazione socialdemocratica staccatasi dal PSI (Partito Socialista Italiano). Una prima coalizione di democristiani e socialdemocratici fu finalmente, ma brevemente, formata nel 1962, guidata da Amintore Fanfani; tra il 1963 e il 1963, Aldo Moro guidò una seconda coalizione del genere, questa volta coinvolgendo anche il PSI. Il partito comunista è rimasto escluso, nonostante una prospettiva di riavvicinamento negli anni ’70 (il Compromesso Storico), dopo che aveva rotto con Mosca.

Era moderna

Anche se instabili come i precedenti, i governi si sono succeduti per circa vent’anni, durante i quali il paese ha sofferto ogni sorta di disordini sociali, così come l’emergere del terrorismo, entrambi di estrema destra, fomentata dai neofascisti infiltrati nei servizi segreti, e il cui attentato più micidiale, nel 1980, uccise 84 persone alla stazione di Bologna, e dell’estrema sinistra, con le Brigate Rosse, che rapirono e assassinarono l’ex presidente del consiglio Aldo Moro nel 1978. Questo periodo di violenza era conosciuto come gli Anni di Piombo. Nel 1983, per la prima volta, la Democrazia Cristiana, sanzionata per il suo immobilismo e l’aumento della corruzione, e schizzata da uno scandalo nato dalla scoperta dell’esistenza di una società segreta di estrema destra, la loggia P2, molto attiva nell’ombra, deve lasciare il posto a un presidente del Consiglio socialista, Bettino Craxi. È rimasto in carica per quattro anni, ma il gioco delle coalizioni instabili non si è ancora fermato. Il democristiano Giulio Andreotti è tornato sporadicamente al gabinetto (tra il 1972 e il 1992, ha ricoperto il posto sette volte).

La caduta della Democrazia Cristiana nel 1992 ha ridato il potere ai socialisti (socialdemocratici), a partire da Giuliano Amato. Questo decennio vede anche l’azione dei giudici milanesi nella lotta contro la corruzione, l’operazione Mani pulite, la cui figura emblematica è il giudice Antonio di Pietro, e la cui vittima più famosa è l’ex capo del governo Craxi (fuggito in Tunisia e lì morto nel 2000). Allo stesso tempo, la lotta contro la mafia nel Sud era guidata dal giudice palermitano Giovanni Falcone (assassinato con la moglie e le guardie del corpo nel 1992). Questi anni hanno anche visto un rimodellamento del paesaggio politico: a sinistra, con l’affievolirsi del Partito Comunista, ribattezzato PDS (Partito Democratico della Sinistra), che mantiene posizioni nelle sue tradizionali roccaforti di Emilia-Romagna, Toscana e Umbria, ma ora gioca solo un ruolo minore su scala nazionale; a destra, con la nascita e la vittoria nel 1994 di una coalizione guidata dal miliardario, ed ex amico di Craxi, Silvio Berlusconi, il cui partito Forza Italia si alleò con la Lega Nord, un partito nazionalista lombardo, e Alleanza Nazionale, un partito neofascista. Questo primo governo Berlusconi cadde dopo un anno di mandato. Gli successe un governo di tecnocrati guidato da Lamberto Dini, sempre per un anno, seguito dai governi di centro-sinistra di Romano Prodi (1996-1997), Massimo D’Alema (1997-2000) e Giuliano Amato, che perse le elezioni l’anno successivo contro una nuova coalizione guidata da Berlusconi. Questa coalizione è durata fino all’aprile 2006, quando una coalizione di sinistra, guidata da Romano Prodi, ha vinto di stretta misura le elezioni.